I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space

E ieri sera è stato Amleto.
Ma non a teatro: al cinema a vedere un teatro.

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La sontuosa messa in scena di Lyndsey Turner per il National Theatre Live va in scena a Londra da due anni ed è il più grande successo di pubblico mai visto nella storia teatrale della città. Il che, voglio dire, significa parecchio in una città che ha più teatri che cinema.

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Se è pur vero che la stella indiscussa è Cumberbatch, il miglior attore della sua (mia) generazione – stavolta lo perdono per essersi distratto e non aver fatto Sherlock – tutta la compagnia è di ottimo livello, in particolare le attrici che impersonano Ofelia e la Regina, a parer mio. Ma ciò che mi ha colpito è la scenografia e la messa in scena.

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Non è che a Londra abbiano dei teatri diversi dai nostri: assi, pareti mobili, un palcoscenico e attrezzi. Eppure Lyndsey Turner ha messo in scena, sullo stesso palco, sale da pranzo, campi di battaglia, terreni da duello, prigioni e campi aperti, modificando il tutto sotto i miei occhi semplicemente spegnendo una luce e illuminando altrove piuttosto che enfatizzando il cambiamento incoraggiandolo. Cose che io nei nostri teatri non avevo mai visto a questo livello.

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Tutto ciò va in scena da alcuni mesi a Londra e ieri sera è andato in diretta live broadcast dal teatro del Barbican, trasmesso nei cinema europei e del mondo, ovviamente in lingua originale con i sottotitoli. La regia della trasmissione è stata di tipo televisivo, più che teatrale, mantenendo però un approccio visivo da spettatore in sala, cosa che avvicina il cinema al teatro.
Il che dimostra che spettacoli di questo tipo sono diffondibili anche per vie non tradizionali e devo dire che il cinema è un ottimo modo, insomma esperimento riuscitissimo per le mie modeste esigenze di spettatore appassionato.
È stato davvero intenso ed emozionante.

trentaquattro anni a Poggibonsi

Scomodando una grande verità detta da qualche filosofo contemporaneo, ovvero che la verità nella carta stampata si trova soltanto sui tabloid scandalistici, ho finalmente la conferma della fattibilità dei viaggi nel tempo:

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Cosa che sospettavamo in tanti, peraltro, non solo noidelmovimentocinquestelle. A seguire, c’è da sperare che l’Italia chiami tra le prime il signor Visionista, così che la recessione vada quanto prima a fare in culo:

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E ora piani segreti, complotti veri, sangue nobile e congiure peccaminose, altro che appartamenti cardinalizi sottratti alle vecchiette:

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La fonte della mia informazione quotidiana.

Shakespeare, Cervantes, sabato prossimo, la morte della letteratura e una bella mappona

Sabato prossimo, 23 aprile, è la Giornata mondiale del libro (parentesi: da quando è diventata pure il Copyright Day?). Quest’anno, in particolare, sarebbe ancor più importante per la ricorrenza del quattrocentenario della morte, insieme, di Shakespeare e Cervantes.
Perché uso il condizionale: mi ero già preso la briga di segnalare la diversità di calendari che rompe la magia della data unica, 23 aprile 1616, essendo una coincidenza avvenuta in due calendari diversi, gregoriano versus giuliano.

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Ma non importa, ben venga se c’è un’occasione per celebrare (e magari leggere o rileggere) i due autoroni immortaloni che tanto godimentone ci offrono ogni volta di più. Per cui, è ben accetta l’iniziativa di Transport for London e Shakespeare’s Globe che, insieme, hanno disegnato la mappa della metropolitana di Londra sostituendo i nomi delle stazioni con i nomi shakespiriani più noti, organizzandoli per tipologie sulle linee (a cliccarci sopra si ingrandisce un po’):

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La mappa è in vendita da oggi a quattro sterline e io la trovo un ottimo modo, anche spiritoso, per finanziare la rete dei trasporti londinese, il Globe Theatre e per celebrare il massimo autore inglese. Bravi, ancora una volta mi fate venire l’invidia per chi vive a Londra. Maledetti.
(Volendo, si compra qui)

le allegre nonché inutili guide turistiche di trivigante: pont du Gard

Prima di tutto due foto irreali, per contestualizzare il luogo:

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Facile, è il ponte del Gard (pont du Gard), una meraviglia romana cui sono molto molto affezionato, nei pressi di Nîmes: ponte a tre arcate, la prima è percorsa da una strada e l’ultima, in alto, dall’acquedotto che, con i suoi 47 metri di altezza fa del pont du Gard il ponte antico più alto del mondo (fu costruito verso il 50 d.C., sotto Claudio o Nerone) e, anche, l’unico ponte a tre arcate sopravvissuto dall’antichità.
(Un po’ di foto normali, mie, del 2008).

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Ciò che impressiona del ponte, oltre alla bellezza intrinseca, sono le caratteristiche tecniche: la pendenza media è dello 0,4%, ciò significa che l’acquedotto ha una pendenza di 34 centimetri per chilometro, ovvero più o meno 1/3000. Ovvero, il dislivello tra la sorgente e l’arrivo è di soli 17 metri su una distanza effettiva di 20 chilometri, cosa che mi rende pieno di mirabilia.
A Nîmes l’acquedotto – del quale, per inciso, la città non aveva necessità avendo i propri pozzi e sorgenti, bensì riforniva terme e bagni, il che la dice lunga sulla ricchezza e il prestigio del periodo – terminava in un invaso di ripartizione (castellum), ancora visibile in città, dal quale si dipartivano le tubature.

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Il pont du Gard fu percepito fin da subito come una meraviglia – non sono certo il primo – e a maggior ragione nelle epoche di recupero dei modi e dei gusti degli antichi. Un paio di testimonianze di turisti graffitari:

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Infine, il fiume Gardon, che viene scavalcato dal ponte: non si vede mai nelle foto perché la star indiscussa è il ponte ma, in realtà, offre una vista davvero piacevole e placida.

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Mi è venuto tutto un po’ alla forse-non-tutti-sanno-che, temo. Pazienza, il fatto è che ho un rapimento emotivo e sentimentale a parlarne. Il posto è davvero sensazionale, come lo è il ponte, e io consiglio davvero davvero davvero un giro da quelle parti. Perché poi c’è Nîmes, butta via…


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