"La storia di Bartolomeo Garro." 3 commenti gimmi ha detto... Caro Trivigante, L'amnistia varata il 22 giugno 1946 dal ministro della Giustizia Palmiro Togliatti è una delle poche pagine di storia che non riesco ancora a capire e credo che non capirò mai. A distanza di più di mezzo secolo ho a disposizione un panorama storico abbastanza ampio e sono abbastanza estraneo a quei terribili crimini, per questo penso di avere più strumenti dei contemporanei per capire se sia stato un bene oppure no concedere l'amnistia a gente come quel tenente Frezza o al partigiano che ha fatto scavare la fossa a mio nonno, minacciando di ucciderlo se non fosse saltato fuori un sacco di farina. Un nonno né fascista né comunista, semplicemente un lavoratore, uno di quelli che voleva lavorare e vivere una vita normale come tutti gli altri, ma che aveva passato un grosso guaio per essere stato sorpreso a cantare "Bandiera Rossa", non per convinzione politica, ma solo perché gli andava di farlo. Per quel partigiano, il nonno era reo di "aver collaborato" con i tedeschi in quanto si era lasciato saccheggiare il negozio sotto la minaccia di crucchi armati, incazzati e affamati. All'epoca padre di due bambine di 3 e 1 anno, la stessa madre del partigiano era salita invano a ricordare tutte queste cose cose al figlio che, invasato, continuava a pretendere la farina. Grazie allo zio di queste due bambine, il sacco di farina è poi saltato fuori dall'unico posto in cui si poteva trovare all'epoca: una caserma (come sia riuscito a farlo non si sa, non lo ha mai voluto dire). Grazie poi a Togliatti, il nonno e il partigiano hanno convissuto nello stesso piccolo paese per decenni e il nonno non ha mai più cantato "Bandiera Rossa". Togliatti ha fatto bene? Certo, la ricostruzione dell'Italia magari è partita prima, ma a che prezzo! L'odio ha serpeggiato per decenni, i delinquenti hanno avuto modo di vivere a fianco delle loro vittime, qualcuno in silenzio, magari - lo spero - pentito delle proprie malefatte, altri invece vantandosi del loro passato. Il veleno dell'ingiustizia, della non certezza della pena, la discordia sopita, il rancore covato, la zizzania erano stati abbondantemente seminati fino a tutta la fine del millennio e oltre. 6 dicembre 2008 11.02 Grandesacchetto ha detto... Grazie per queste storie, caro signor T. e signor gimmi; fa sempre piacere sapere di non essere soli a ricordare. 9 dicembre 2008 1.28 trivigante ha detto... Caro Gimmi, sono d'accordo con te: difficile comprendere appieno il senso dell'amnistia di allora. Come il senso dei condoni, delle grazie, delle amnistie recenti, delle pietre tombali in generale. Certo, il paese doveva ripartire, sebbene continuiamo a pensarla diversamente eravamo un paese sconfitto e, in qualche forma, occupato, ma questo basta a giustificare un'amnistia che fu una pietra tombale sui crimini e sulla verità stessa? Di fatto, quell'amnistia permise il travaso integrale dello Stato fascista nello Stato repubblicano, magistrati, questori, apparati militari e di polizia, pretori e così via. Ricordo a memoria uno studio (forse Flamigni?) nel quale si verificava che almeno il 62% del personale statale fascista ebbe poi i medesimi incarichi, o migliori in grado, nell'apparato repubblicano. Gli slogan contro il governo Tambroni, "fascista", che sparava sulla folla in strada, non erano del tutto ingiustificati, in fondo. Naturalmente, uno Stato così profondamente infiltrato e condizionato dall'eredità fascista non si sarebbe, e non si è, mai lasciato processare o mettere in discussione, per ovvie ragioni, oltre a quella giudiziaria. Ne consegue che da noi non si è mai aperta una franca discussione (nemmeno una discussione e basta, a dire il vero) sul periodo fascista e sulle responsabilità individuali e collettive. Nemmeno in Germania si è ragionato sul nazismo per moltissimi anni (ricordo appelli inascoltati di Heinrich Böll all'inizio degli anni Ottanta), però quando inziarono - tipico tedesco - non smisero più, eccedendo forse in zelo, a voler trovare una critica a tutti i costi. E, comunque, il processo di denazificazione in Germania fu profondo e capillare. Da noi, come detto, non successe nulla. Per esempio, quanti criminali di guerra italiani furono estradati o messi a processo per fatti criminali nelle occupazioni (Jugoslavia, Eritrea, Libia e così via)? Nessuno, ovvio. Passò e si diffuse il luogo comune, funzionale, degli "italiani brava gente", alimentato dagli stessi che "brava gente" non furono affatto (si veda Angelo Del Boca, l'unico che se ne occupa davvero in Italia). Cosa si sarebbe dovuto fare? Probabilmente, con il senno di poi, io penso all'esempio del Sudafrica post-apartheid: sotto Mandela, fu varata un'amnistia soltanto per coloro che avessero raccontato diffusamente i crimini di cui si fossero macchiati e cui avessero assistito. In questo modo, si sarebbe almeno stabilita una verità storica permanente. I risultati, da quanto so, non furono quelli sperati. Ma, almeno, le apparenze furono del tutto diverse. 9 dicembre 2008 17.23